giovedì 21 giugno 2012

Quattro giorni di niente.

Quattro giorni. Casa libera per quattro giorni.
Quattro sere in cui tornare a casa e non dover mentire rispondendo che sì, va tutto bene, che è stata una buona giornata; quattro notti insonni in cui poter girare per casa senza preoccuparmi se faccio qualche rumore, che tanto non c’è nessuno da svegliare; quattro silenziose mattine in cui nessuno mi rivolgerà la parola appena sveglia facendomi domande stupide, quindi quattro mattine in cui potrei anche non incazzarmi tre secondi dopo essermi svegliata. Non male. E poi uscire di casa, andare in università, studiare, pranzare, studiare, e tornare a casa quasi di buonumore, perché finalmente lì non ci sarà nessuno a farmi domande, nessuno a cui mentire, nessuno a cui dover sorridere per forza. Perché se non sorridi comincia la serie infinita dei “cosa c’è che non va?”, e non ne ho voglia, proprio no.
Voglio quattro giorni di silenzio, quattro giorni di solitudine. Voglio quattro sere di triste malinconia in un terrazzo buio, quattro sere di me che fisso il vuoto, quattro sere in cui dilaniarmi con le mie domande, quattro sere senza risposte. Voglio quattro notti a fissare il soffitto, quattro notti di straziante dolore, quattro notti in cui maledirti perché ancora una volta mi hai fatto perdere il sonno. Voglio quattro mattine in cui stupirmi di non aver passato la notte a piangere, quattro mattine in cui illudermi che forse, se non piango, è perché in fondo ne sono fuori. Stupide illusioni.
Voglio sentire solo i miei pensieri, in questi quattro giorni, e nient’altro. Non mi aspetto che cambi qualcosa, non mi aspetto di trovare risposte, non mi aspetto di smetterla di farmi domande.

Voglio solo una parentesi dal mondo, in questi quattro giorni.
Voglio quattro giorni di niente.

Altro che quaranta secondi.




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