E vorrei che tu fossi la mia venticinquesima ora. Vorrei che tu fossi quel tempo in più libero da costringimenti, quel tempo ideale in cui fare tutto ciò che durante il giorno non ci possiamo permettere, quel tempo sempre privo di impegni, quel tempo che possiamo riempire con ciò che vogliamo, quel tempo fuori dal tempo che non farei altro che dedicarti. Nella mia venticinquesima ora verrei a cercarti ogni giorno, ti prenderei la mano e ti farei vedere tutte le cose bellissime che in questo e in altri viaggi mi è capitato di incontrare. E ne scopriremmo di nuove, lungo la strada. Come il guardarci negli occhi senza muovere un muscolo, solo per il piacere di immaginare quanto meraviglioso sarebbe riuscire a toccarsi davvero. E dopo la venticinquesima ora potresti diventare il trentaduesimo giorno prima della fine del mese, e la cinquantatreesima settimana prima del nuovo anno. E poi tutto il resto del tempo. E potremo essere felici, nella nostra venticinquesima ora, e quella venticinquesima ora sarà un tempo nostro soltanto, quella parentesi dalla crudeltà del mondo che riusciremo sempre a prenderci, per non perderci.
Ma voglio tornare e raccontarti tutto adesso. Voglio tornare e provare con te ognuna delle sensazioni che ci siamo persi per strada. Voglio tornare e guardarti negli occhi e stupirmi di quanto siano ancora più belli che nel sogno. Voglio tornare e dirti che ho guardato il cielo ogni notte pensando che era lo stesso che proteggeva te. Voglio tornare e dirti che quel temporale non l’ho guardato da sola, e che mi sono ammalata sotto la pioggia della tua troppa assenza. Voglio tornare e raccontarti della malinconia che mi attanagliava lo stomaco per il troppo pensarti e il troppo non vederti, per il troppo cercarti e il troppo non riuscire a trovarti mai.
E ti racconterò di come io mi sia svegliata ogni mattina con i tuoi occhi accanto, e di come ogni sera io mi sia addormentata chiedendomi se i tuoi fossero già chiusi. E ti racconterò delle notti, sempre insonni, e di quei battiti che facevano così rumore che mi pareva ci fossero anche un po’ dei tuoi insieme. E ti racconterò ogni onda e ogni granello di sabbia che mi sono rimasti addosso nelle lunghe passeggiate che ho fatto immaginando ci fossi tu a guidarmi lungo il cammino. E ti racconterò di tutte le conchiglie il cui suono ho portato all’orecchio, sperando avesse almeno un po’ del ricordo della tua voce. E ti racconterò che il caffè aveva un sapore diverso ognuno dei giorni in cui sono stata lontana, e che faticavo a mandarlo giù perché sapeva della tua mancanza, lo stesso che ha ognuno dei giorni in cui non posso scorgerti con la coda dell’occhio. E ti racconterò, per ognuno degli orizzonti in cui il mio sguardo si è perduto, quanto io abbia sperato di vederti camminare tra l’erba alta, con il sole sul viso. E infine ti racconterò di quanto mi faccia sorridere anche il solo immaginare di poterti dire sul serio queste ed altre cose bellissime.
Ma tu promettimi di non parlare e di venire in silenzio a riempire quella stanza immaginaria che ho arredato solo per te; promettimi che avremo così tanto tempo da annoiarci, e promettimi anche che lo sapremo riempire tutto; promettimi che non dovremo chiedere nulla perché sapremo bastarci. Promettimi che ci sarà sempre il sole nei nostri occhi anche se fuori piove, che saremo sempre caldi del nostro tepore anche in mezzo alla neve, che sapremo sorriderci anche tra le tempeste che ci troveremo ad affrontare.
Promettimi questo e avrai tutto il resto del mio tempo. Non promettermelo, e lo avrai comunque.
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